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A Trieste proroga la mostra “Antonio Ligabue”

Novembre 8, 2023 -8:00 - Giugno 30, 2024 -17:00

€15


Trieste
. A grande richiesta proroga fino al 30 giugno la prima mostra in Friuli Venezia Giulia dedicata a uno degli artisti più straordinari e commoventi del Novecento, Antonio Ligabue. Attraverso oltre 60 opere tra oli, disegni e sculture, al Museo Revoltella di Trieste continua il racconto della vita e dell’opera di un uomo che ha fatto della sua arte il riscatto della sua stessa esistenza. La mostra, promossa e organizzata dal Comune di Trieste con il supporto di Trieste Convention and Visitors Bureau e Promo Turismo FVG, è prodotta da Arthemisia in collaborazione con Comune di Gualtieri e Fondazione Museo Antonio Ligabue. Foto d’apertura: Autoritratto con sciarpa rossa.

Una vita travagliata

Ritratto di bambino

Antonio Ligabue, uno degli artisti italiani più umani e commoventi del Novecento, con la sua vita così travagliata, escluso dal resto della sua gente, legato visceralmente al mondo naturale e animale e lontano dal giudizio altrui, riuscì a imprimere sulla tela il suo genio creativo; un uomo,talmente folle e unico, che con la sua asprezza espressionista riesce ancora oggi a penetrare nelle anime di chi ammira le sue opere. Con le sue pennellate così corpose, sfuggenti e cariche di sentimenti ardenti, Antonio Ligabue – con i paesaggi, i galli, le fiere e gli intensi e numerosi autoritratti – ha dipinto l’esperienza originaria dell’uomo; la sua arte porta in sé la visione di una forza interiore, la dimensione della memoria.

Artista visionario, autodidatta e sfortunato, entrò nell’animo del grande pubblico perché capace di parlare con immediatezza e genuinità a tutti, a chi ha gli strumenti per capirne il valore storico-artistico, così come a chi semplicemente gode della bellezza assoluta delle sue opere. Segnato da una vita tormentata, visse un’inquietudine inesorabile, un disadattamento personale che riesce a superare solo dipingendo, una fuga dall’inferno di una realtà che non lo accoglie mai e lui stesso non comprende, si sente escluso da una società creata dagli uomini, vive una solitudine senza appigli che scongiura solo attraverso la pittura. L’arte entra nella vita di Ligabue a partire dall’infanzia, come lenitivo per uno stato di disagio e di dolore profondo, un balsamo per alleviare la drammaticità della sua condizione umana.

Il colore è libertà

Leopardo con serpente

Per Ligabue l’unico rifugio diventa il colore: più l’anima è straziata, più i colori diventano brillanti. Non stupisce dunque che il pittore senta la necessità di riprodurre la propria immagine più volte, come a voler dare prova della propria esistenza, una muta preghiera di essere guardato. Una storia umana e artistica straordinaria e unica, che negli anni ha appassionato migliaia di persone, tanto da essere diventato addirittura protagonista di film e sceneggiati televisivi, sin dagli anni ’70. Tutto questo è raccontato perfettamente nella mostra in un percorso cronologico, curato da Francesco Negri e Francesca Villanti.

Seguendo una ripartizione cronologica, sono narrate le diverse tappe dell’opera dell’artista a partire dal primo periodo (1927-1939), quando i colori sono ancora molto tenui e diluiti. Il secondo periodo (1939-1952) è segnato dalla scoperta della materia grassa e corposa e da una rifinitura analitica di tutta la rappresentazione. Il terzo periodo (1952-1962) è la fase più prolifica in cui il segno diventa vigoroso e continuo, al punto da stagliare nettamente l’immagine rispetto al resto della scena. È densa in quest’ultimo periodo la produzione di autoritratti, diversificati a seconda degli stati d’animo. Tra i capolavori esposti vi sono Carrozzella con cavalli e paesaggio svizzero (1956-1957), Autoritratto con sciarpa rossa (1952- 1962) e Ritratto di Marino (1939- 1952), accanto a una sezione dedicata alla produzione grafica con disegni e incisioni quali Iena (1952-1962) e Cavallo con asino (1952-1962) e una sezione sulla sua incredibile vicenda umana.

 

 

 

LA MOSTRA – Primo periodo: 1927-1939

Leone con leonessa

Le opere di questi anni sono ancora sgrammaticate, risentono di qualche incertezza tecnica ecoloristica che però Ligabue riesce mirabilmente a superare grazie all’istintiva capacità narrativa. Come in Nudo di donna (1929-1930), l’impianto formale è semplice e l’impaginazione è equilibrata: spesso si concentra su un’unica immagine centrale, con pochi elementi sullo sfondo. Il colore è steso in maniera così leggera da sembrare soffuso. È evidente l’eccessivo uso di acquaragia per far scorrere il pennello più facilmente sulla tela. I contorni delle figure non sono ancora definiti dal segno nero, come farà nelle opere a partire dalla metà degli anni ’30; l’insieme è reso con poche pennellate essenziali.

La tavolozza è povera, i colori utilizzati sono prevalentemente il verde, il marrone, il giallo, il blu cobalto e si accosta alle terre naturali. Inizia a raffigurare i temi prediletti: gli aspetti della vita agreste, le scene con animali feroci (come in Leone con leonessa del 1932-1933) in atteggiamenti non eccessivamente aggressivi; pochissimi gli autoritratti. Molte opere di questo periodo non sono firmate; la firma, quando compare, è in corsivo gotico. Sul finire di questi anni, dopo la conoscenza di Mazzacurati, la mano di Ligabue diventa più sicura, il dipinto assume una maggiore corposità e intensità tonale, un sempre miglior equilibrio compositivo.

Secondo periodo: 1939-1952

Il pifferaio

Nel secondo periodo, che va dal 1939 al 1952, la pittura di Ligabue si impadronisce dei segreti del colore e della linea. Egli inizia a strutturare forme sempre più complesse arrivando a riprodurre il movimento e l’azione, rendendo la narrazione più reale. I toni cromatici diventano più caldi e la materia pittorica acquisisce spessore. Il colore diventa lo strumento linguistico determinato anche dall’abitudine di Ligabue di non iniziare la composizione da un disegno preparatorio, preferendo dipingere senza esitazioni e senza seguire una traccia. Andrea Mozzali ricorda: “Ligabue quando doveva dipingere un quadro se lo figurava già tutto finito nella testa.

Non faceva nessun disegno ma il quadro dipinto a olio lo cominciava da un particolare”. Riesce così ad ottenere delle figure caratterizzate da una scabra potenza grafica in contrapposizione alla ricchezza lirica del colore, come i grandi illustratori primitivi. Egli comprende, attraverso un’attenta osservazione dei campi di grano, le splendide e numerose tonalità del giallo, di cui fa un uso ripetuto assieme alla terra di Kassel, il blu di Prussia e il rossocarminio. In questo secondo periodo Ligabue firma sempre in corsivo gotico preferibilmente con il colore rosso e ponendo a volte solo la a minuscola, iniziale del nome. In altre occasioni, principalmente nei quadri di piccole dimensioni, al posto della firma pone solo le due iniziali. Opere del periodo sono Ritratto di Elba (1933), Circo (1941-1942)  e Volpe in fuga con gallo in bocca (1943-1944).

Terzo periodo: 1952-1962

Lotta di galli

Nel terzo periodo anche le belve, già stilisticamente avanzate, acquisiscono una cura per il dettaglioche si potrebbe paragonare a quella dei dipinti fiamminghi. Di questi anni sono Leopardo nella foresta (1956-1957), Lotta di galli (1958-1959) e Il serpentario (primavera 1962) nei quali la minuzia con cui si sofferma sui dettagli per catturare l’essenza del soggetto è confermata dagli splendidi manti delle tigri, dei leopardi, dal piumaggio dei volatili, che prendono vita nelle tele. Le angosce che percorrono la sua mente esplodono nell’aggressività degli animali e la loro impietosa lotta per la sopravvivenza.

Punte quasi ossessive sono evidenti nella rielaborazione continua dello stesso esasperato tema iconografico. È il periodo più prolifico. L’artista, che ha ormai assimilato ogni segreto riguardo al “mestiere”, è portato a volte, sia per eccesso di sicurezza, sia per le richieste dei committenti, a una notevole discontinuità di livello. Il segno nero intorno alle figure si fa vigoroso e continuo. Nella firma, quasi sempre rossa, la A iniziale del nome è ora maiuscola a bastoncino, il cognome sempre in corsivo gotico; ma spesso vi sono solo le iniziali. I colori maggiormente usati sono il giallo limone, il blu di Prussia, le terre di Siena, il giallo cadmio, il bruno Van Dyck e abbonda il bianco di zinco.

La vita di Antonio Ligabue

Autoritratto con berretto da motociclista

Non si può parlare dell’arte di Ligabue senza conoscerne la vita, né si possono capire le sue opere se non si entra nel mondo di quel piccolo uomo sfortunato e folle, pieno di talento e poesia. Nato a Zurigo nel 1889 da madre di origine bellunese e da padre ignoto, viene dato subito in adozione ad una famiglia svizzera. Già dall’adolescenza manifesta alcuni problemi psichiatrici che lo portano, nel 1913, a un primo internamento presso un collegio per ragazzi affetti da disabilità. Nel 1917 viene ricoverato in una clinica psichiatrica, dopo un’aggressione nei confronti della madre affidataria Elise Hanselmann che, dopo varie vicissitudini, deciderà di denunciarlo ottenendo l’espulsione di Antonio dalla Svizzera il 15 maggio del 1919 e il suo invio a Gualtieri, il comune d’origine del patrigno (il marito della madre naturale, che odierà sempre).

Buoi con carro e botte

Ligabue non parla l’italiano, è incline alla collera e incompreso dai suoi contemporanei, viene soprannominato “el Matt” dagli abitanti di Gualtieri che ne rifiutano i dipinti e il valore artistico, costringendolo all’alienazione e alla solitudine. Dopo tormentati e inquieti anni di vagabondaggio in cui vive solamente dei pochi sussidi pubblici e si rifugia nell’arte per esprimere il suo disagio esistenziale, a cavallo tra il 1928 e il 1929 incontra Renato Marino Mazzacurati (importante artista della Scuola Romana) che ne comprende il talento e gli insegna ad utilizzare i colori.
Con singolare slancio Ligabue si dedica alla rappresentazione della lotta per la sopravvivenza degli animali della foresta; si autoritrae in centinaia di opere cogliendo il tormento e l’amarezza che lo hanno segnato, anche per l’ostilità e l’incomprensione che lo circondavano; solo talvolta pare trovare un po’ di serenità nella rappresentazione del lavoro nei campi e degli animali che tanto amava e sentiva fratelli.

Gatto con cassettone

Nel 1937 viene nuovamente ricoverato presso l’ospedale psichiatrico di San Lazzaro a Reggio Emilia per autolesionismo e per “psicosi maniaco-depressiva” nel marzo del 1940. Nel 1948 comincia a esporre le sue opere in piccole mostre cominciando a guadagnare i primi soldi. Ma il successo è breve: dopo essersi permesso solo qualche lusso, nel 1962 viene sopraggiunto da una paresi e ricoverato all’ospedale di Guastalla dove continua a dipingere e dove muore il 27 maggio del 1965.

Ligabue e van Gogh

Dal 22 febbraio il Comune di Trieste e Arthemisia presenteranno al Museo Revoltella una straordinaria mostra dedicata all’artista più amato di ogni tempo, Vincent van Gogh. Quella che viene presentata a Trieste è la cosiddetta “mostra dei record”, visitata in pochi mesi da 600.000 visitatori a Roma, curata da Maria Teresa Benedetti e Francesca Villanti epresenta una selezione di oltre 50 opere provenienti dal prestigioso Museo Kröller-Müller di Otterlo, che custodisce uno dei più grandi patrimoni delle opere dell’artista.

Per tutti i visitatori è stata pensata una speciale promozione ed è possibile acquistare il biglietto combinato (al costo di € 21, audioguida inclusa) per visitare entrambe le mostre.

Dettagli

Inizio:
Novembre 8, 2023 -8:00
Fine:
Giugno 30 -17:00
Prezzo:
€15
Sito web:
https://www.arthemisia.it/it/antonio-ligabue-trieste/

Organizzatore

Comune Trieste

Luogo

Museo Revoltella
Via Armando Diaz, 27
Trieste, Italia
+ Google Maps
Phone
040 982781
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