A 20 anni dalla scomparsa, il Musec di Lugano dedica una grande esposizione alle fotografie del celebre etnologo fiorentino Fosco Maraini
Lugano. Il Musec – Museo delle Culture Lugano ospita, dall’8 giugno 2024 al 19 gennaio 2025, la mostra L’Immagine dell’empresente. Fosco Maraini, una retrospettiva, la più grande esposizione mai dedicata all’opera fotografica del celebre viaggiatore, etnologo e scrittore fiorentino, a 20 anni dalla sua scomparsa. Foto d’apertura: Bambini corrono sul lago Kutcharo. Giappone. Hokkaidō. 1953-1954. Fotografia di Fosco Maraini / Proprietà Gabinetto Vieusseux © 2024 Archivi Alinari
FOSCO MARAINI, VIAGGIATORE CURIOSO
La fama di Fosco Maraini è legata al suo spirito libero e avventuroso e alla sua inesauribile curiosità: fu per indole un viaggiatore e per passione uno studioso, perfettamente a suo agio sia con la scrittura sia con la fotografia, adoperate insieme per esplorare e per raccontare il mondo, come testimoniano i suoi numerosi libri, alcuni dei quali diventati best-seller. Accanto a una scrittura elegante e incisiva, Marani elaborò un linguaggio fotografico di grande umanità, capace di esprimere una profonda ricchezza interiore che si rispecchia nella complessità del mondo.
AMPIA RETROSPETTIVA
A vent’anni dalla scomparsa, il MUSEC di Lugano celebra la fotografia di Fosco Maraini con la più ampia retrospettiva che gli sia mai stata dedicata, frutto di una ricerca avviata due anni fa che ha coinvolto sin dall’inizio le principali istituzioni che ne conservano e valorizzano l’opera. È così possibile assegnare definitivamente a Maraini il ruolo che gli spetta nella storia della fotografia e, al contempo, riflettere a più livelli sui valori portanti di una forma d’arte che oggi, di fronte alle nuove frontiere della tecnologia, s’interroga sulla sua stessa sostanza. Una riflessione volta a sottolineare come ogni rappresentazione della realtà, concreta o astratta che sia, ha senso nel tempo soltanto se è in grado di restituire un universo spirituale e un’originale visione del mondo.
IN ESPOSIZIONE 225 FOTOGRAFIE
L’esposizione allestita sui due piani nobili di Villa Malpensata a Lugano, sede del MUSEC, presenta 225 fotografie, alcune delle quali inedite, realizzate fra il 1928 e il 1971 in Europa e in Asia. Ben 170 immagini ritraggono luoghi e genti dell’Italia e del Giappone, le due patrie di Maraini: la prima per nascita e per cultura e la seconda per destino e affinità elettiva.
La scelta delle fotografie è frutto di una approfondita esplorazione degli archivi fotografici di Maraini, dalle centinaia di pubblicazioni illustrate che hanno permesso dapprima di definire i capitoli con cui strutturare il progetto, fino alle migliaia di negativi conservati dal Gabinetto Vieusseux di Firenze.
IMMAGINI COLTE NELL’EMPRESENTE
Il percorso dell’esposizione curata da Francesco Paolo Campione, direttore del MUSEC, restituisce le sfaccettature della fotografia di Maraini: una fotografia di uomini e culture; di paesaggi che si aprono sull’infinito; di architetture d’interni in cui si riverberano le geometrie segrete del mondo interiore; di particolari che si svelano fra le trame di una realtà interpretata con intelligenza rara e descritta con una colta e finissima estetica.
Sono immagini «carpite all’empresente», come Maraini amava dire con uno dei suoi sorprendenti neologismi. Immagini, cioè, colte in quell’attimo irripetibile in cui all’occhio è dato percepire le movenze del cuore e dell’anima. Sempre con sguardo lieve e una sottilissima ironia, come il Cittadino della Luna in Visita d’Istruzione sulla Terra, il «citluvit» da egli teorizzato, che osserva silenziosamente e registra ogni cosa.
ESORDI
Le quattordici sezioni dell’esposizione conducono dapprima il visitatore a scoprire gli ESORDI (1928-1937) della fotografia di Maraini, con i paesaggi montani, le macrofotografie naturalistiche, le sperimentazioni ispirate al futurismo e il primo vero reportage di viaggio, tra i cadetti della nave scuola della Marina italiana «Amerigo Vespucci».
SEGRETO TIBET
Si prosegue con SEGRETO TIBET (1937 e 1948) che racconta un mondo himalayano «eccessivo, gigantesco, titanico e satanico insieme», che contrastava apertamente con la natura bonaria ed estroversa e la fragilità antica dell’umanità che lo popolava.
NOSTRO SUD
L’Italia meridionale è protagonista di NOSTRO SUD (1946-1956): il ritratto di uomini, donne e bambini al centro della propria cultura e della propria storia; un ritratto che ne rivela i sentimenti e la bellezza che derivava da una segreta armonia con il paesaggio, con le architetture e con la variegata molteplicità degli oggetti e delle occasioni quotidiane.
APPRODO IN GRECIA
Varietà e contrasti della storia, del paesaggio e delle persone sono raccontati in APPRODO IN GRECIA (1951), che evidenzia al contempo l’originale rimescolio di culture europee e orientali che caratterizzavano la Grecia moderna.
La sezione I MOSAICI DI MONREALE (1951) presenta alcuni esiti di un ampio censimento fotografico dei mosaici normanni di Sicilia, condotto sotto la direzione scientifica dello storico dell’arte bizantina Ernst Kitzinger (1912-2003), con il quale Maraini strinse una duratura amicizia.
UN CITLUVIT ATTERRA IN HOKKAIDŌ
Il Giappone, un Paese cui Maraini fu molto legato, è al centro di tre sezioni. La prima, UN CITLUVIT ATTERRA IN HOKKAIDŌ (1939-1971), è incentrata sulle ricerche di Maraini tra gli Ainu, il popolo di origine siberiana che costituiva la più antica etnia del Giappone e manteneva ancora viva una parte dei propri secolari costumi.
L’ETERNO GIAPPONE
La seconda, L’ETERNO GIAPPONE (1953-1963), mostra la profonda conoscenza di Maraini delle consuetudini, del sistema sociale, ideologico ed espressivo giapponese che, refrattario ai cambiamenti, soggiaceva da secoli sotto il fuoco della storia. Maraini riuscì così a ritrarre i segreti delle persone, dei luoghi, degli eventi e, in definitiva, il carattere stesso, l’ethos, di un Paese e di un popolo.
PESCATRICI DI HÈKURA
A un Giappone solare e vitale ma sconosciuto ai più, è infine dedicato il celebre reportage subacqueo sulle PESCATRICI DI HÈKURA (1954), cui il Museo delle Culture aveva dedicato un’esposizione nel 2005 (L’incanto delle donne del mare) che da allora ha conosciuto numerose reiterazioni.
KARAKORUM E ALTRE MONTAGNE
Assieme al Giappone, l’altra passione di Maraini è senz’altro stata la montagna. Le fotografie di KARAKORUM E ALTRE MONTAGNE (1937 e 1958-1959) ritraggono con mirabile contrasto gli elementi essenziali del mondo himalayano: sentieri, crepacci, morene, canaloni, creste, torrioni, vette, distese di neve e ghiacciai scolpiti dalla luce e attraversati dal respiro dell’infinito: perfetta epitome illustrata di tutte le montagne del mondo.
GLI ULTIMI PAGANI
Ed è tra le montagne del Pakistan, in una valle discosta, che Maraini ebbe modo di scoprire i Kalash, popolo dedito ad antiche pratiche sciamaniche cui è dedicata la sezione GLI ULTIMI PAGANI (1959): un inatteso scenario arcaico che la fotocamera di Maraini immortalò a futura memoria.
PIETRE DI GERUSALEMME
Un reportage commissionatogli sulle PIETRE DI GERUSALEMME (1967) finì per cedere il passo al ritratto crudo delle ferite inferte alla città dalla Guerra dei Sei Giorni (5-10 giugno) che, tre mesi prima dell’arrivo di Maraini, aveva messo in scena l’ennesima rappresentazione del suo eterno dramma; un ritratto cui non fu estranea anche un’attenta ricerca visuale delle geometrie della distruzione. L’ultima sezione dedicata ai reportage di viaggio ci riporta in Asia.
LETTERE DALL’ASIA
Le immagini del reportage LETTERE DALL’ASIA (1962), rimaste perlopiù inedite, esprimono tratti emblematici di umanità, rivelando sotto diverse angolature la sensibilità artistica di Maraini e la sua folgorante e raffinata capacità di interpretazione delle culture.
LE NUVOLE
Le sezioni che chiudono l’esposizione, LE NUVOLE (1930-1957) e I COLORI DEL FUOCO (1956), illustrano due interessi tematici di Maraini. L’amore per le nuvole era nato nella luce diafana della campagna toscana della sua infanzia; per tutta la vita Maraini avrebbe osservato le nuvole, le nebbie e i vapori, con inesauribile piacere e con il gusto ludico di accostarne le forme metamorfiche alle figure del suo nutritissimo immaginario visivo e letterario.
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