Oltre 100 opere di Guercino e artisti coevi raccontano nella mostra ai Musei Reali di Torino il mestiere e la vita dei pittori del Seicento
Torino. In un periodo di grande attenzione e di rinnovati studi sull’opera e la figura di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento 1591 – Bologna 1666), spicca la ricchissima esposizione che i Musei Reali di Torino presentano nelle Sale Chiablese: Guercino. Il mestiere del pittore, dal 23 marzo al 28 luglio 2024, prodotta da CoopCulture con Villaggio Globale International. Foto d’apertura: Liberazione di san Pietro, 1622, Olio su tela, Madrid, Museo Nacional del Prado © Photographic Archive, Museo Nacional del Prado, Madrid
Il mestiere del pittore nel Seicento
Un evento spettacolare e di grande originalità curato da Annamaria Bava dei Musei Reali e da Gelsomina Spione dell’Università di Torino, con un comitato scientifico di prestigio. Al centro dell’esposizione è il mestiere del pittore nel Seicento esemplificato sulla figura di uno dei maggiori protagonisti della scena artistica dell’epoca.
Ripercorrendo temi e aspetti che attraversano tutta la carriera del Maestro, grazie a capolavori di primo piano, la mostra intende dare conto più in generale della professione del pittore a quel tempo: le sfide del mestiere, i sistemi di produzione, l’organizzazione della bottega, le dinamiche del mercato e delle committenze, i soggetti più richiesti.
Oltre cento opere in mostra
A partire dal significativo nucleo di dipinti e disegni appartenenti alle collezioni della Galleria Sabauda e della Biblioteca Reale, oltre cento opere del Maestro emiliano e di artisti coevi come i Carracci, Guido Reni e Domenichino – provenienti da più di 30 importanti musei e collezioni, compresi il Museo del Prado di Madrid e il Monastero di San Lorenzo a El Escorial – danno vita a un grande affresco del sistema dell’arte nel Seicento, guidati dal talento di quel “mostro di natura e miracolo da far stupir” che fu Guercino, secondo la definizione che ne diede Ludovico Carracci, impressionato dal suo talento.
La bottega
Guercino, grazie a una strutturata bottega e alla ricchissima documentazione lasciata, alla rete di mentori e intermediari, ai rapporti con tanti e diversi committenti richiesto come fu da borghesi, nobili, pontefici e prelati, ma anche dalle più prestigiose corti europee – diventa l’exemplum perfetto della vita, dell’iter creativo e del mestiere di ogni pittore.
Le importanti opere riunite a Torino nell’occasione – inclusi due dipinti inediti di collezioni private e le tele che permettono lo straordinario ricongiungimento dopo 400 anni del ciclo Ludovisi – sono dunque particolarmente significative per questo racconto, sviluppato in 10 sezioni tematiche tra confronti, parallelismi, testimonianze.
Il percorso
Si parte dalla presentazione dell’artista. Guercino ci appare, circa quarantenne, e con gli strumenti del mestiere, nel raro Autoritratto della Schoeppler Collection di Londra che ben introduce al percorso un’opera intima e privata che proprio per questo non risulta nel suo famoso “Libro dei conti”, ma che testimonia il carattere di un uomo fiero e semplice ad un tempo.
La fase della formazione è debitrice dello studio di opere di grandi maestri: per Guercino punti di riferimento furono Ludovico Carracci, ammirato a Bologna ma anche a Cento e sul versante ferrarese (prima del viaggio a Venezia) lo Scarsellino e Carlo Bononi. Entrambi gli autori sono presenti nel percorso, accanto a due importanti lavori giovanili: la piccola tavola con Il matrimonio mistico di santa Caterina e la suggestiva pala della chiesa parrocchiale di Renazzo con Un miracolo di san Carlo Borromeo.
“L’ Accademia del nudo”
Quindi l’incontro con la realtà e la spiccata vocazione per il quotidiano, che nei primi anni apre alle opere di paesaggio in analogia con quanto proposto da altri artisti come Annibale Carracci, Domenichino e Agostino Tassi di cui la mostra dà testimonianza insieme a importanti disegni di Guercino della Biblioteca Reale di Torino e alle pitture murali di Casa Pannini, che il giovane pittore realizza a Cento tra il 1615 e il 1617 insieme a collaboratori.
“L’ Accademia del nudo” sarà la fase successiva: Guercino ormai famoso in patria, apre la sua Accademia nel 1616 – così come era uso per i migliori -, facendone un punto di riferimento per molti giovani artisti.
Vicende sacre come scene quotidiane
In mostra – oltre all’interessante nucleo di 22 incisioni di Oliviero Gatti, tratte dai disegni di Guercino per farne dono al duca di Mantova (Pinacoteca Nazionale di Bologna), restaurate per questa speciale occasione, e accanto alle opere di Annibale e Agostino Carracci -, intenso e suggestivo è il dialogo tra i disegni di nudo del Maestro e il San Sebastiano curato da Irene (1619) proveniente dalla Pinacoteca di Bologna.
Richiesto da Jacopo Serra, cardinale legato di Ferrara e raffinato mecenate di Guercino, il dipinto è di qualità straordinaria, per il vivace e intenso naturalismo tipico della poetica del Maestro, che riesce a tradurre la vicenda sacra in vita quotidiana.
Le committenze
La mostra ripercorre la carriera del pittore e la geografia delle committenze, tra quali fondamentale risulta la figura di Alessandro Ludovisi, arcivescovo di Bologna e dal 1621 papa Gregorio XV. Questi aveva già conosciuto Guercino grazie alla mediazione di padre Mirandola e all’apprezzamento di Ludovico Carracci.
Tra il 1617 e il 1618 Guercino realizza per Alessandro Ludovisi e il nipote Ludovico quattro grandi tele, eccezionalmente riunite dopo quattro secoli nella mostra di Torino: Lot e le figlie proveniente da San Lorenzo a El Escorial, Susanna e i vecchioni prestata dal Museo del Prado, la Resurrezione di Tabita dalle Gallerie degli Uffizi-Palazzo Pitti e Il Ritorno del figliol prodigo dei Musei Reali.
Gregorio XV suo mecenate
Il ciclo di tele Ludovisi segna una svolta: con la salita al soglio pontificio di Gregorio XV, Guercino si trasferirà per alcuni anni a Roma, ricevendo nella capitale pontificia importantissimi incarichi. Straordinaria la presenza anche della monumentale pala della Madonna del Rosario dalla Chiesa di San Domenico a Torino che dalla fine degli anni sessanta del secolo scorso non era più stata visibile da vicino e che testimonia il legame di Guercino con il ducato sabaudo.
La bottega
La bottega diretta da Guercino, frutto del connubio tra i Barbieri e i Gennari – prima a Cento e dal 1642 a Bologna – era organizzatissima, con ruoli e metodi esemplari del sistema del tempo.
Il fratello di Guercino , Paolo Antonio Barbieri, ad esempio era specializzato nei dipinti con soggetti “di ferma”, come evidenzia la Natura morta con paramenti vescovili e argenti dalla Pinacoteca di Cento; così all’interno di un’opera gli elementi naturali erano spesso già predisposti e Guercino interveniva aggiungendo all’ultimo le figure, come nell’affascinante Ortolana, che Giovanni Francesco termina nel 1655, sei anni dopo la morte del fratello, autore dei bellissimi cesti di frutta e ortaggi.
Materie prime costosissime
Le logiche del mercato non erano estranee a Guercino e alla sua impresa e il “listino prezzi” variava in base alla tipologia delle figure, alle dimensioni della tela e all’uso dei preziosi pigmenti. Principale concorrente di Guercino sul mercato bolognese era Guido Reni, di cui viene esposto il San Giovanni Battista della Galleria Sabauda, mentre a testimoniare il costo elevato delle opere realizzate da Giovanni Francesco Barbieri con il prezioso lapislazzuli e il maggior prezzo dei dipinti con figure intere o a più figure vi sono altre opere tra le quali il San Francesco riceve le stimmate (1633) concesso dalla diocesi di Novara.
Le eroine del mito
Infine, altri temi e soggetti più aderenti alla realtà del tempo e di particolare successo, come le novità scientifiche legate al rivoluzionario pensiero galileiano. Guercino su richiesta dei Medici dipinge Atlante che regge il globo e con sguardo disincantato disegna invece il Mago Brumio, testimonianza delle credenze popolari ancora diffuse.
Il Seicento porta all’estremo il gusto per la rappresentazione degli affetti, la gestualità accesa e Guercino è un vero maestro in questo, sia nelle resa delle figure che nel dipingere l’apparato scenico ricco di particolari. La resa teatrale delle tensioni e delle psicologie, dei drammi e delle passioni si coglie anche in uno dei soggetti più amati e di successo della produzione guerciniana: le grandi eroine del mito che trasmettono coraggio, dignità, intelligenza e che chiudono la mostra con grande impatto
emotivo.
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