Non c’è miglior data dell’8 marzo per l’apertura a Palazzo Besta, a Teglio (Sondrio), della mostra di Martina Fontana “La natura della difesa”
Teglio (Sondrio). Non c’era miglior data dell’8 marzo per l’apertura della mostra di Martina Fontana, La natura della difesa, a Palazzo Besta a Teglio, in Valtellina (fino al 18 maggio 2024). La mostra, “site specific”, è organizzata dalla Direzione regionale Musei Lombardia. Foto d’apertura: Martina Fontana; Gelosia/portrait, ph. Giulia Virgara.
Gineceo illuminato
“Un palazzo che nasce come luogo di protezione e difesa, ma anche ricca corte abitata da donne colte e illuminate, trova inevitabili affinità con il lavoro di Martina Fontana e la sua ricerca artistica, che avvicina il corpo umano – soprattutto femminile – agli elementi della natura” evidenzia Emanuela Daffra, direttore dei musei statali della Lombardia.
“La storia di Palazzo Besta è, anche, una storia di donne. Una presenza femminile, quella delle committenti e delle protagoniste delle raffigurazioni, che si intreccia con il tema del coraggio, dell’amore e del conflitto.
Tecniche e materiali naturali
Martina Fontana (1984) vive e lavora a Prato. La sua ricerca trae ispirazione dalla natura e il suo lavoro si muove tra tecniche e materiali naturali. Da questo approccio nasce la mostra che si pone in un dialogo con il Palazzo, i suoi cicli pittorici ed il contesto naturale: alcuni lavori in mostra, progettati per la dimora tellina, sono stati creati dall’artista sulla base di calchi da lei tratti da alberi del territorio.
La mostra si articola in tre stanze: la Sala di Ariosto, la Sala Settecentesca e la Sala delle Metamorfosi dove sono allestite alcune sculture che intendono restituire forme di evoluzione e percezione corporea dove il femmineo diventa il paradigma in cui lo spettatore attento potrà cogliere, tra i dettagli e le suggestioni proposte, alcuni aspetti della propria personalità.
Dispositivi di Protezione Individuale
I lavori esposti fanno parte della serie Dispositivi di Protezione Individuale (2019-2023), in resina epossidica, cera, pelle, cinghie. Il nucleo di opere si presenta come un’armeria medievale: una serie di busti e armature che appaiono come elementi della natura di forma antropomorfa. Strumenti di difesa proposti come specchio su cui individuare il ricordo delle proprie cicatrici, armature che si mostrano nella loro concreta brutalità di strumenti di costrizione esibite come trofei.
Esoscheletri e cicatrici
“Attraverso un processo di simbiosi e di contatto con il corpo, questi elementi diventano esoscheletri da indossare. Le ferite aperte, rimarginate o cicatrizzate raccontano il passaggio del tempo: mostrano senza pudore la vulnerabilità di chi le veste, dando testimonianza della forza acquisita in questa stratificazione fisica e interiore di esperienze vissute”, afferma l’artista.
“Il lavoro dell’artista evoca tutte le donne presenti nell’immaginario dell’epoca, dai miti di Ovidio agli exempla virtutis dell’antichità, sino alle protagoniste dell’Orlando Furioso, così come le donne reali e tenaci vissute nel Palazzo. Allo stesso modo quel paesaggio che, ininterrotto, ospita le vicende ariostesche, prende forma nel legame stretto tra le opere e il territorio tellino” ribadisce Giovanna Brambilla.
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