Al Museo Diocesano 100 scatti di Mario De Biasi, tra i quali alcuni inediti e l’ormai iconico “Gli italiani si voltano”. Fino al 18/2/’24
Milano. Una esposizione sull’opera di Mario De Biasi (1923-2013), fotografo versatile, definito da Enzo Biagi “l’uomo che poteva fotografare tutto”. E in questo tutto ha prediletto il capoluogo lombardo, dove si trasferì a 15 anni. Così a cento anni dalla sua nascita, il Museo Diocesano di Milano gli dedica – dal 14 novembre 2023 al 18 febbraio 2024 – una Edizione Straordinaria che raccoglie una serie di scatti iconici dedicati alla sua città d’adozione. Foto d’apertura: Coppia in viaggio di nozze sulle terrazze del Duomo (“Le scarpe strette”), Milano 1954; Archivio Mario De Biasi per Mondadori Portfolio.
Fotoreporter di Epoca
La mostra Mario De Biasi e MIlano. Edizione Straordinaria, curata da Maria Vittoria Baravelli e Silvia De Biasi, organizzata e prodotta da Mondadori Portfolio in collaborazione con il Museo Diocesano di Milano, col patrocinio del Comune di Milano, presenta 100 fotografie, per la maggior parte vintage, provini e scatti inediti, realizzati in quasi settant’anni di carriera da uno degli autori più apprezzati del secondo Novecento italiano, che per tre decenni documentò la storia del nostro Paese attraverso le pagine del periodico Epoca.
Il percorso espositivo – costituito da opere provenienti dall’Archivio Mondadori e dall’Archivio Mario De Biasi – consente al pubblico di conoscere il linguaggio personale che De Biasi adattò a contesti molto diversi tra loro. E, in particolare, a Milano.
Registrò i cambiamenti di un’Italia in trasformazione
Uno sguardo lucido ed evocativo al tempo stesso, capace di narrare con immediatezza e originalità un momento controverso della storia d’Italia. Nelle trame ordinate dei suoi scatti si leggono infatti i cambiamenti storici e culturali del Paese, che negli anni ’50 e ’60 andava assestandosi su una rinnovata identità culturale.
Il primo autoscatto di De Biasi, ritrovato dalla figlia Silvia nell’archivio, solo dopo la morte del padre, lo ritrae con l’impermeabile ben allacciato, i capelli un po’ arruffati, una macchina fotografica fra le mani, uno strumento che diventerà, com’ebbe modo di dire Bruno Munari, l’estensione naturale della sua stessa persona.
Milano sempre nell’obiettivo di De Biasi
Il suo amore per la fotografia scaturì quasi per caso in Germania, a Norimberga in cui era stato inviato al lavoro coatto e dove, tra le macerie della città trovò casualmente, come segno del destino, della carta fotografica, alcuni liquidi per lo sviluppo e un libro sulla fotografia. Rientrato in Italia, De Biasi trova in Milano il suo soggetto preferito, scoprendo, a piedi o in bicicletta, tutto il tessuto urbano, dal centro alle periferie.
Nascono qui alcuni dei suoi cicli più famosi, come quello dedicato al Duomo e ai suoi frequentatori, tra cui spicca l’immagine di una coppia, vestita in abiti modesti, in visita alle guglie che ammira il paesaggio sottostante e di cui riesce a cogliere, grazie al suo talento da fotoreporter, il dettaglio della donna che si è tolta le scarpe e le ha poste ordinatamente accanto a lei (foto d’apertura).
Lo sguardo dall’alto
Una delle cifre più caratteristiche del suo lavoro è quello di vedere la città con uno sguardo dall’alto che gli consente di abbracciarla completamente. Ne è un caso la fotografia del 1954 che cattura la Galleria Vittorio Emanuele II in tutto il suo splendore, animata da una folla di persone che la frequentano.
In De Biasi, spesso la città faceva anche da set cinematografico per raccontare le storie di persone comuni. È il caso della serie di fotografie del 1956 in cui, ricercando un soggetto per documentare la ritrovata normalità dopo gli anni devastanti della guerra, pensa di narrare per immagini la giornata di una tipica ragazza milanese della porta accanto, la cui identità è ancora sconosciuta, e che seguì fin dal suo risveglio in tutti i suoi riti e ritmi quotidiani.
“Poteva fotografare tutto” (Enzo Biagi)
L’approccio autoriale di De Biasi si arricchisce dell’acume giornalistico nel 1953, quando viene assunto come fotoreporter da Epoca. Rivista iconica del tempo, ideata sul modello dei periodici statunitensi illustrati, di cui facevano parte, tra gli altri, Aldo Palazzeschi e Cesare Zavattini, Enzo Biagi, Bruno Munari. Tra le fotografie esposte, spicca anche una delle prime scelte da Mondadori per la rivista, ovvero quella della locomotiva a vapore della linea ferroviaria, chiamata affettuosamente in dialetto milanese Gamba de lègn (Gamba di legno), che dal centro portava a Magenta.
In una pubblicazione che si distingueva per la raffinata impostazione grafica, secondo il direttore Enzo Biagi, De Biasi era l’unico in grado di garantire sempre al giornale “la foto giusta”, anche se per guadagnarla doveva rischiare la vita tra pallottole e schegge di granata, nei tanti servizi bellici della sua carriera. Oppure confrontarsi con i grandi personaggi dell’epoca tra intellettuali, attrici e artisti.
“Gli italiani si voltano”
All’interno del percorso non poteva mancare il suo scatto più conosciuto, Gli Italiani si voltano, realizzato nel 1954 per il settimanale di fotoromanzi Bolero Film, che immortala un gruppo di uomini che osservano Moira Orfei, inquadrata di spalle e vestita di bianco mentre passeggia per il centro di Milano. L’immagine è presentata a fianco dei provini, tuttora inediti, del servizio che documentava la giornata della giovane artista circense.
La mostra si chiude con la sezione Da Milano alla Luna che raccoglie una preziosa selezione di fotografie che De Biasi realizzò nei suoi viaggi extra europei: dall’Africa alla Rivoluzione di Budapest, dal Giappone alla Siberia a New York, fino ad arrivare alla documentazione dei preparativi per l’allunaggio dell’Apollo 11.
Mario De Biasi – Cenni biografici
Mario De Biasi (1923 – 2013) si trasferisce a Milano a 15 anni dove diventa radiotecnico. Durante l’occupazione tedesca viene inviato a lavorare a Norimberga. Tornato in Italia nel 1946 lavora presso la Magneti Marelli e nel 1953 è assunto come fotoreporter a Epoca, dove lavora fino al 1983 realizzando più di centotrenta copertine e indimenticabili reportage dall’Italia e da tutto il mondo. Celebri i servizi sulla rivolta in Ungheria del 1956 e sulla spedizione di Walter Bonatti in Siberia nel 1964 e i suoi ritratti “in maniche di camicia” a protagonisti quali Onassis, Warhol, Marlene Dietrich, Brigitte Bardot, Hitchcock, Chagall, Montale, Claudia Cardinale.
Pubblica oltre cento libri e riceve numerosi riconoscimenti tra i quali il premio Saint Vincent di giornalismo 1983 e l’Ambrogino d’oro nel 2006.
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