Le raffinate e poetiche foto di Farnaz Damnabi trasformano in immagini le voci degli inascoltati dell’Iran contemporaneo: le donne, i bambini
Milano. Prorogata fino al 30 settembre per il grande successo di pubblico e di critica, la mostra “Farnaz Damnabi: Unveiled” alla galleria 29 ARTS IN PROGRESS di Milano (via San Vittore 13) riunisce una selezione di opere che offrono al pubblico il racconto – tanto raffinato quanto potente – di una giovane donna fotografa dell’Iran contemporaneo, sospeso tra passato e futuro. Foto d’apertura: © Farnaz Damnabi – Saffron worker, 2022 – Courtesy of 29 ARTS IN PROGRESS gallery.
Le donne, protagoniste assolute dei suoi scatti
Damnabi racconta e insieme omaggia l’identità femminile iraniana, qui mostrata nella routine di donne, madri e lavoratrici ignorate da una società prettamente patriarcale, che tarda a riconoscerne l’uguaglianza, il valore, la libertà.
Gli scatti in mostra evidenziano temi come la discriminazione delle donne nel mercato del lavoro, il gap di genere nei salari e il mancato riconoscimento del loro silenzioso contributo in settori portanti dell’economia e dell’artigianato iraniano (come la raccolta dello zafferano nei campi di Torbat Heydarieh o la produzione dei tappeti).
Nella serie Lost Paradise le figure femminili, ritratte di spalle di fronte ad un tradizionale tappeto persiano, sembrano mimetizzarsi – e quasi fondersi – con lo sfondo, metafora di una invisibilità tanto ottica quanto sociale.
Non è un Paese per bambini
Tra i suoi reportage più celebri, poetici nella loro drammaticità, ci sono quelli dedicati ai bambini il cui duplice fine è non solo quello di mostrare le difficoltà di un’infanzia trascorsa in questo paese, quanto la capacità – tipica della giovinezza – di trovare la magia anche nei contesti più avversi perché, come ci ricorda l’emblematico titolo di uno dei suoi progetti, Playing is my right (Giocare è un mio diritto).
Donne, bambini e giovani adolescenti affollano anche gli scatti della serie Metamorphosis, vera e propria raccolta di momenti sospesi, di scene di vita quotidiana, di rituali, abiti e tradizioni emblematiche dell’Iran mentre con il recente progetto Be like a Butterfly, l’Artista documenta il tentativo delle nuove generazioni di donne di migliorare la propria condizione, registrandone cambiamenti tanto lenti e tardivi da sembrare impercettibili, ricollegandosi a quella stessa metamorfosi che compiono le crisalidi diventando farfalle.
Paradiso perduto
Nel personale e toccante racconto che fa della sua terra, Damnabi documenta anche l’esperimento della nuova città sorta a pochi chilometri da Teheran. Denominata, con triste ironia, Pardis (Paradiso), era stata pensata per invertire la migrazione nelle città popolate; la costruzione massiva di nuove palazzine ha portato tuttavia alla devastazione dell’ecosistema montano e alla distruzione del suo habitat naturale, accrescendo ulteriormente le difficoltà dei collegamenti con la capitale.
Le immagini esposte sembrano sospese tra realtà e sogno e mostrano il desolante panorama di un “paesaggio lunare” – come definito dall’Artista stessa – di un Paradiso negato e che è di fatto un quartiere dormitorio dove sopravvivono, ghettizzati e privati dei più basilari servizi, moltissimi lavoratori e gran parte delle famiglie più povere.
Le foto di Farnaz Damnabi danno voce agli invisibili
Le fotografie di Damnabi trasformano in immagini le voci degli inascoltati dell’Iran: sono le storie delle donne, emarginate da tutti gli aspetti della società in cui vivono; le storie dei bambini, privati del diritto inalienabile di un’infanzia spensierata; sono le storie, in fondo, di tutti gli invisibili che sono da sempre relegati ai più lontani confini, geografici e sociali.
I suoi ritratti non vogliono essere polemici ma rappresentativi, mostrandoci con i suoi occhi un mondo di cui siamo certamente a conoscenza ma che ci arriva, adesso, con una maggiore e feroce intensità.
Foto potenti, come un grido
Tra questi racconti di isolamento, di perdita e di esclusione, la giovane voce di Farnaz Damnabi si alza con raffinata eleganza come un grido insieme di indignazione e di fiducia.
Le sue foto, delicate e potentissime insieme, ci colpiscono e soprattutto ci obbligano a vedere, a riflettere e a sperare insieme a lei.
Note biografiche
Farnaz Damnabi è nata a Teheran, Iran nel 1994. Dopo la laurea in Graphic Design e un Master in Fotografia presso la University of Art di Teheran, diventa fotografa freelance e Main Member della National Iranian Photographers’ Society (NIPS).
Espone in mostre internazionali e riceve numerosi premi e riconoscimenti tra cui, nel 2017, la menzione d’onore del Golden Orchid International Photo Festival (USA).
Nello stesso anno vince la prima edizione del PABA International Photo Competition (Washington DC, USA) e nel 2018 si classifica prima alla 10ª edizione del Global Photography Contest in Cina. Nel 2019 riceve una menzione d’onore all’ Hahnemühle Student Photo Contest in Germania ed è tra i vincitori del contest fotografico UNPUBLISHED PHOTO; dal 2020 alcuni scatti della serie ‘Playing is my right’ entrano a far parte della collezione permanente del MUSEC, Museo delle Culture a Lugano, Svizzera. Attualmente vive e lavora a Teheran.
La fotografia è per lei un’occasione per guardarsi intorno e prestare attenzione a ciò che gli altri potrebbero non notare.
Info pratiche
FARNAZ DAMNABI: UNVEILED
29 ARTS IN PROGRESS gallery
via San Vittore 13, Milano
Fino al 30 settembre 2023
Orari di apertura: Martedì – Venerdì, 11.00 – 19.00 (ingresso libero)
Informazioni: tel 02.94387188
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